lunedì 10 dicembre 2012

I calendari maya - Il conto lungo

 Eccoci arrivati all'ultimo argomento riguardo ai calendari maya. In realtà, ci sarebbero molti altri cicli conteggiati da questo popolo (il calendario lunare, il ciclo di Venere, il calendario rotondo, ecc.), ma non li tratterò in questa sede, poiché non sono strettamente connessi alla profezia di cui tanto si parla. Oggi tratterò infatti in maniera più concreta del ciclo che ha fatto pensare ad alcuni che il mondo possa finire il 21 dicembre 2012: il conto lungo.

La piramide di Chichén Itzá con il calendario maya sullo sfondo


 Il conto lungo costituiva un prodotto culturale tipico dei Maya, che serviva per contare il tempo trascorso a partire dalla data mitica dell’origine del mondo, cioè 4 Ajaw 8 Kumk’ú. Da questo giorno, che possiamo considerare una sorta di anno zero, i Maya hanno iniziato a contare gli anni del conto lungo basandosi su cinque cicli principali:
-     K’in, l’unità base del computo del tempo, corrispondeva a un giorno, inteso come l’insieme di notte e dì. I Maya, infatti, concepivano il cammino del sole sotto un duplice aspetto: da una parte vi era un viaggio celeste, compiuto dall’astro nella volta del cielo durante le ore di luce, ma dall’altra vi era un viaggio nelle viscere del sottosuolo, che costituivano la partenza e il ritorno del disco solare nel suo percorso quotidiano. Questa duplice concezione del sole, corrispondente alla divisione della giornata, rispecchia anche l’opposizione tra la fase di fecondazione-generazione e quella di nascita. La generazione, che può essere quella quotidiana del seme di mais o quella mitica dell’uomo, avviene al buio (come per esempio la sepoltura del seme), atmosfera simbolo di morte, ma anche di fecondazione. La nascita segna invece il passaggio dalle tenebre alla luce. Dunque, la parte luminosa del giorno si collocava sotto la protezione delle tredici divinità del cielo, dette Oxlahutikú, mentre la parte buia era patrocinata dalle nove divinità del sottosuolo, i Bolontikú. Il glifo K’in può essere un ritratto del dio sole, posto di profilo, oppure un segno che somiglia a un fiore con quattro petali, simboli dei quattro punti cardinali o dei quattro punti di levata e tramonto del sole nei solstizi invernale ed estivo. Il numerale dei K’in si azzera a 20.
-     Winal, periodo dato dalla successione di 20 K’in, cioè 20 giorni. Come si è potuto notare, il 20 nella cultura maya era il numero fondamentale, poiché anche i calcoli venivano effettuati su base vigesimale, a differenza dei nostri che sfruttano la base decimale. Il glifo rappresentante lo Winal è una rana, ma questo periodo simboleggiava anche la luna, poiché in alcune varianti del glifo viene raffigurato proprio questo corpo celeste. Nel conto lungo, il ciclo degli Winal finisce a 18.
-     Tun, periodo che, come già accennato, si compone di 360 giorni, è un ciclo Haab senza il Wayeb, ovvero senza i cinque giorni infausti. Dal punto di vista del conto lungo, un Tun era composto da 18 Winal. Questo era l’unico ciclo calendariale che si discostava dalla base vigesimale per raccordare l’aritmetica all’anno solare. L’etimologia della parola Tun può avere significati diversi, che andavano da “pietra”, a “monumento” a “nocciolo di un frutto”. Quello più diffuso in Yucatan è il primo, poiché per Tun si intende una pietra preziosa, una giada. Il glifo del Tun, invece, contiene un segno che si associa con l’acqua, elemento che si connette anche alla giada, come si è già visto per il giorno di Muluk e per il mese di Mol. Nel conto lungo, il ciclo dei Tun si azzera una volta superato il 20.
-     K’atun, ciclo di 7.200 giorni, prende nome dall’unione di Kal, “venti”, e Tun; il significato corrisponderebbe dunque a “venti pietre”. Il K’atun era quindi composto da 20 Tun, un periodo di poco meno di 20 anni. Quando finiva un K’atun si tenevano delle cerimonie pubbliche in cui il reggente si trapassava la lingua o il pene e raccoglieva il sangue che ne sgorgava su una carta, che veniva bruciata in onore degli dèi. A conclusione del rito, veniva eretta una stele commemorativa. Il ciclo dei K’atun finisce a 20.
-     Bak’tun, il periodo di 144.000 giorni, corrisponde a 20 K’atun, quindi a circa 400 anni (per la precisione 394,3 anni). Letteralmente, il nome significa “quattrocento pietre”, ma il termine in lingua originale è sconosciuto. La definizione di Bak’tun è stata ricavata, come per i cicli più lunghi, dallo yucateco contemporaneo. Il numerale dei Bak’tun si azzera una volta superato il 13.

 Questi sono i cicli principali utilizzati nel conto lungo dei Maya, ma in realtà esisterebbero dei cicli ancora più lunghi, sempre costituiti seguendo la base vigesimale: il Pictun, composto da 20 Bak’tun, il Calabtun, formato da 20 Pictun, il Kinchiltun, che corrisponde a 20 Calabtun e infine l’Alautun, che vale 20 Kinchiltun.
 I numeri che designano un giorno nel conto lungo fanno però riferimento principalmente ai cinque cicli menzionati in precedenza. La data dell’origine del mondo può essere dunque scritta in questo modo: 0.0.0.0.0, 4 Ajaw 8 Kumk’ú, dove il primo zero a partire da sinistra corrisponde ai Bak’tun, il secondo ai K’atun, il terzo ai Tun, il quarto ai Winal e l’ultimo ai K’in.

 Le predizioni che vogliono che la fine del mondo avvenga il 21 dicembre 2012 si basano proprio sui cicli del conto lungo. Quel giorno, infatti, terminerà il tredicesimo Bak’tun (data che si può scrivere sia in questo modo 13.0.0.0.0, sia in questo 0.0.0.0.0), il ciclo che determina la fine di un’era.
 La nostra mente occidentale ricollega tutto questo a un’apocalisse, alla fine dell’universo che conosciamo. Tuttavia, se veramente vogliamo capire i Maya, non possiamo fermarci a considerare le cose da una prospettiva occidentale, ma dobbiamo imparare a porci da un altro punto di vista. Quella che la nostra mentalità interpreta come la fine del mondo, per i Maya è solo la fine di un’epoca, la fine di un ciclo al quale ne seguirà un altro. Non bisogna dimenticare, infatti, che per i Maya il tempo era ciclico e il suo corso si poteva rappresentare con una spirale; il tempo, in altre parole, non era una pura ripetizione di fatti già accaduti, ma un progresso verso la perfezione che continuava di era in era.
 Ne è una dimostrazione il racconto mitologico della creazione dell’uomo contenuto nel Popol Vuh. In questo mito, l’uomo viene creato in cinque fasi, ognuna delle quali dura 13 Bak’tun. Nelle prime fasi, la creazione dell’uomo si rivela una fallimento, che porta con sé altri tentativi di creazione fino alla definitiva riuscita. Ogni ciclo della creazione, dunque, non preannuncia una fine, ma un continuo progresso del tempo. E, se ricordiamo il concetto di fine secondo il pensiero maya, dovremmo ricordare anche che non si tratta di un epilogo definitivo, ma il punto di partenza di un nuovo inizio. Ciò che per noi dunque rappresenta una fine senza appello, per i Maya è un momento di passaggio da una condizione a un’altra.
 In conclusione, i Maya non hanno mai pensato che il mondo sarebbe finito il 21 dicembre 2012. Siamo noi gli artefici veri di questa profezia, prodotto dell’incomprensione tra culture diverse.


Fonti:
- ZAFFAGNINI, Gianni, I calendari maya - Oltre le paure della fine, Edizioni Sonda, Casale Monferrato (AL), 2011.

6 commenti:

  1. Bisognerebbe proprio metterlo a caratteri cubitali questo.. contro ogni eventuale interpretazione errata! Figlioli, il mondo non finisce! Pagherete le tasse anche il prossimo anno :D Grande Gre, sei sempre esauriente e precisa. Un altro post meraviglioso!! :D Un bacione stella :)

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    1. Eh già, e continueremo a pagarle! ;D
      Scherzi a parte, c'è davvero bisogno di apertura mentale, di prendere in considerazione prospettive diverse dalle proprie...è davvero difficile e faticoso, ma se ci si riesce è una cosa che arricchisce davvero!
      Un bacione, cara fatina!
      Buona settimana!

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  2. Alla fine dell'articolo scrivi di "incomprensione tra culture diverse". Non credo ci possa essere una vera e propria incomprensione: capo primo perchè una delle due culture è estinta, capo secondo perchè lo studio moderno delle popolazioni antiche lascia davvero poco spazio all'interpretazione delle culture passate secondo i canoni della mentalità moderna. Reputo, quindi, che le fantomatiche storie apocalittiche descritte, a quanto si dice, dai Maia non siano in realtà "un'incomprensione tra culture diverse", bensì una vera e propria prostituzione cerebrle! Le oggettivazioni storiche sono state travisate e lordate sfruttando l'ignoranza e la credulità delle genti. Settant'anni fa la preoccupazione maggiore delle persone era di non morire sotto i bombardamenti nemici. Oggi la preoccupazione maggiore è far girare su Facebook la notizia che il 21 dicembre 2012 ci sarà la fine del mondo! Povera umanità...
    Comunque, a parte il mio eccessivo sfogo, e mi scuso per la perdita di stile, anche se reputo dovuta e giustificata ogni singola parola che ho usato, credo che il tuo articolo, cara Greta, sia ben fatto e una fonte di conoscenza estremamente interessante. Posso dirti che ho letto un articolo simile su Focus Storia, ma, diamine!, sei stata più chiara e precisa di coloro che, nella loro bravura ed esperienza, scrivono su quella testata di grande importanza e fama! Complimenti e grazie ancora per averci spiegato qualcosa in più su questa misteriosa e affascinante cultura.
    Per sdrammatizzare, vorrei dire che mi sarebbe davvero tanto dispiaciuto essere il reggente al termine del K’atun!

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    1. Non credo che la cultura maya sia estinta in tutto e per tutto. Da quanto ho capito, ci sono dei discendenti maya sopravvissuti nei secoli dino a oggi!
      E secondo me è una vera e propri incomprensione. Questa profezia, se ricordo bene, è nata da un romanziere americano che, cercando spunto per uno dei suoi libri, si è imbattuto nel calendario maya. Quest'uomo non ha capito per nulla la cultura maya e l'ha travisata. Per questo credo che alla base di questo ci sia un'incomprensione...

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    2. La cultura Maia è ormai estinta, ma esistono popolazioni che hanno, naturalmente, una discenenza diretta dai popoli precolombiani (sono i così detti indios, ossia le popolazioni indigene del Centro e Sud America). Alcuni gruppi di indios portano con sè degli strascichi maia (come anche di altre culture, in base alla loro localizzazione geografica), non solo per il loro aspetto, ma anche perchè parlano una particolare lingua di derivazione maia, indossano costumi tipici (tessuti e colorati come si faceva in America prima dell'arrivo degli europei), hanno particolari costumi sociali che si manifestano, poi e anche, in una particolare cucina. Si può, quindi, affermare che la cultura Maia vera e propria non esista più, ma permangono tuttora delle sue evoluzioni. Anche in Italia ci sono persone di aspetto latino, permangono costumi e usanze antiche e pagane, si parla una lingua di derivazione latina e si beve il vino, ma per questo dobbiamo dire che la cultura dell'antica Roma è ancora viva?

      Da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Profezie_sul_21_dicembre_2012):

      Profezie

      Sulla base di interpretazioni di impronta prevalentemente New Age, furono formulati due diversi scenari sulla corrispondenza di questa data: o con eventi quali la fine del mondo oppure con trasformazioni radicali del mondo stesso come l'inizio dell'Era dell'Aquario, un periodo di pace globale e profonda evoluzione spirituale.
      Entrambi gli scenari profetizzati potevano definirsi apocalittici, tenendo conto del duplice significato del termine: o in senso figurato come devastazione totale, cataclisma rovinoso, disastrosa sciagura, o nel suo senso etimologico di rivelazione. Analogo distinguo è previsto dal termine "catastrofe", che infatti richiede una disambiguazione.
      Sul "Monumento 6" di Tortuguero è presente un'iscrizione che contiene un riferimento alla data del 2012 come termine del 13 b’ahktun, e ad un evento indeterminato che avrebbe coinvolto la divinità maya Bolon Yokte, associata in genere alla guerra e alla creazione. L'iscrizione è parzialmente illeggibile perché rovinata (da qui la indeterminatezza dell'evento citato) e la connessione con Bolon Yokte - che non viene citato - è stata ipotizzata dagli archeologi sulla base del fatto che il monumento è probabilmente dedicato a questa divinità. Da qui - questa volta nell'ambito New Age - fu ricavata la supposta profezia del 21 dicembre 2012; esistono tuttavia diverse altre tavolette che riportano date anche molto successive al 2012, cosa che fa ritenere che i Maya non pensassero a questo giorno come all'ultimo giorno del mondo.

      Confutazioni degli studiosi degli antichi Maya

      La credenza in catastrofi nel giorno 21 dicembre 2012 o in vicinanza ad esso, fu quindi una supposizione considerata sbagliata dalla corrente principale degli studiosi degli antichi Maya, eppure fu comunemente citata nei mezzi di comunicazione di cultura popolare come il problema del 2012.
      Secondo Sandra Noble, executive director della Foundation for the Advancement of Mesoamerican Studies, Inc. a Crystal River in Florida, «Considerare il 21 dicembre 2012 come un giorno del giudizio o un momento di cambiamento cosmico è un'invenzione assoluta ed un'opportunità per molte persone di fare profitto.» La fine di un ciclo del calendario era infatti vista dal popolo Maya semplicemente come occasione di grandi celebrazioni per festeggiare l'ingresso nella nuova epoca, in questo caso il 14º b'ak'tun.

      Ergo, ho ragione a credere che non sia un'incomprensione, quanto una mera invenzione basata su dati incompleti e non oggettivi, sulla quale numerose persone, compresa la corrente New Age, hannno costruito il proprio profitto sfruttando la credulonità della massa.

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    3. Guarda, nonostante tutto, continuo a pensare che alla base di tutto ci sia un'incomprensione. Qualcuno ha capito male i Maya e la conseguenza è stata questa. Poi la mia è solo un'opinione, ognuno può pensarla come vuole...

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