martedì 10 luglio 2018

E così ebbe inizio - La genesi norrena

 Davvero tanto tempo è passato dall'ultima volta. Sembrano passati secoli, eppure tutto è stato un soffio. Sono successe talmente tante cose in un anno che nemmeno ho avuto il tempo di assimilarle. A un certo punto la vita inizia a correre a una velocità talmente forsennata che non ci si rende conto delle grandi rivoluzioni in atto in noi. Questo post viene alla luce esattamente dopo questo turbinio di eventi che hanno portato a un nuovo inizio. E proprio all'inizio viene dedicato ampio spazio nelle mitologie di tanti popoli, che si sono posti il problema della ricerca delle proprie origini. Per questo voglio ricominciare da un mito della creazione; per la sua particolarità, per passione personale, e anche, diciamolo, per la serie tv Vikings ho scelto la narrazione norrena di come tutto è cominciato.

Il baratro e i due regni


Era al principio dei tempi:    Ymir vi dimorava;
non c'era né mare né spiaggia    né onde gelide;
terra non si distingueva    né cielo, in alto:
un baratro informe c'era    ed erba in nessun luogo. 

[Völuspá, in Il canzoniere eddico, str. 3, p. 5]

 Questo è l'inizio del mondo norreno secondo quanto recita la Völuspá, il primo dei poemi eddici che raccoglie le profezie della vǫlva, la veggente che narra a Odino l'origine del mondo.

 Da quanto leggiamo apprendiamo che all'inizio dei tempi non c'era nulla, a parte un enorme baratro chiamato Ginnungagap. Tuttavia, in questo abisso si potevano distinguere due zone: il nord e il sud.
 A settentrione vi era Niflheimr, la regione dominata dal freddo, dall'umidità e dall'oscurità. In essa vi era Hvergelmir, una fonte gelida da cui avevano origine gli Elivágar, i fiumi cosmici dalla corrente impetuosa.
 A sud si trovava invece Muspell, una regione ardente, tanto torrida che solo chi ci era nato poteva resistere al suo calore. Il gigante Surtr era ed è il guardiano di questo regno e con la sua spada fiammeggiante brucerà tutto il mondo alla fine dei tempi.

 Ed ecco che gli Elivágar nel loro corso giunsero così lontano che la loro schiuma velenosa si indurì e divenne ghiaccio. Dalle esalazioni velenose di questo ghiaccio si formò una pioggerella che cadde sull'abisso di Ginnungagap e si trasformò in brina. Un giorno la brina del nord e il calore del sud si incontrarono: il vento caldo di Muspell raggiunse la brina di Niflheimr che si sciolse e originò i primi esseri viventi dalle gocce che stillavano dal ghiaccio.



 Ymir, il progenitore


 Il primo essere generato fu Ymir, il progenitore di tutta la sua stirpe, i giganti della brina.  Mentre dormiva, dal sudore di Ymir nacquero altre creature: sotto il braccio sinistro (o la mano, secondo Chiesa Isnardi) si formarono un uomo e una donna, mentre dall'unione dei suoi piedi crebbe un essere dotato di sei teste.

 Oltre a Ymir, le gocce di brina avevano dato origine anche a una mucca, Auðhumla, che alimentava il gigante con i quattro fiumi di latte che sgorgavano dalle sue mammelle. Auðhumla invece si nutriva leccando le pietre ghiacciate, che avevano un sapore salato. Il primo giorno che la mucca leccò le pietre spuntarono da esse dei capelli d'uomo, il secondo la testa e infine, il terzo giorno, ne uscì un uomo intero, il primo essere umano nato sulla terra; il suo nome fu Buri. Egli generò Borr, che a sua volta, unendosi con la gigantessa Bestla, ebbe tre figli: Odino, Vili e , i primi tra gli dèi.

 Il sacrificio di Ymir


 Odino, Vili e Vé uccisero il gigante Ymir e il suo sangue sommerse quasi tutti i thursi (i giganti NdA) della brina, tranne uno: Bergelmir infatti riuscì a fuggire con la sua famiglia su una barca, e da lui discendono tutte le stirpi dei giganti della brina.

 I figli di Borr trascinarono il corpo senza vita di Ymir in mezzo al baratro e da ogni sua parte ne trassero gli elementi che compongono il mondo: la carne di Ymir diede origine alla terra, il sangue al mare e a tutte le acque, le ossa formarono le montagne, i denti i macigni e i sassi, e dal cranio trassero la volta celeste. Si dice inoltre che dai vermi formatisi dalle carni del gigante gli dèi crearono degli esseri simili agli uomini che divennero i nani, che hanno dimora tra le pietre. Quattro di loro vennero posti a sorreggere il cielo nei quattro angoli della terra; i loro nomi sono Austri, Vestri, Norðri e Suðri (che altro non sono che i nomi dei quattro punti cardinali: est, ovest, nord e sud NdA).

 In seguito gli dèi avvolsero l'oceano attorno alla terra, quasi fosse un anello, che divenne un limite invalicabile per l'uomo. Presero anche le scintille provenienti da Muspell e assegnarono ad alcune una posizione fissa nella volta celeste, mentre ad altre una posizione variabile, ed esse costituirono così le stelle fisse e mobili.

 Sulla terra ferma, rotonda e circondata dalle acque, gli dèi stabilirono vari domini: nella parte più esterna, sulle spiagge, dimorarono i giganti, nel luogo freddo e oscuro di nome Útgarðr o Jötunheimr; al centro del mondo, invece, con una ciglia del gigante Ymir delimitarono Miðgarðr, il mondo degli uomini, che doveva essere protetto dai giganti attraverso la recinzione. 

 Infine, Odino, Vili e Vé gettarono al cielo il cervello di Ymir, che andò a comporre le nuvole, come riporta il Grímnismál, un altro poema eddico:

Dalla carne di Ymir    venne foggiata la terra
e il mare dal sangue.
Monti dalle ossa,    alberi dai capelli
e la volta celeste dal cranio. 

E dalle sopracciglia    fecero gli dèi benevoli
Terra di Mezzo ai figli degli uomini;
e dal suo cervello    vennero le gagliarde nubi tutte foggiate. 

[Grímnismál, in Il canzoniere eddico, str. 40, 41, p. 67]

 

 La nascita degli uomini


 Una volta creato il mondo, gli dèi si recarono sulla spiaggia e lì trovarono due tronchi d'albero. Allora li raccolsero e decisero di farne due esseri umani: Odino diede loro spirito e vita, Vili saggezza e movimento e Vé forma, parola, udito e vista. L'uomo si chiamò Askr, la donna Embla, e da loro ebbe origine l'intera umanità che dimorò a Miðgarðr.




 Sicuramente questo racconto delle origini non è quello che ci aspetteremmo; la creazione di per sé è un momento carico di positività, mentre nella tradizione norrena non si può scindere dal cruento sacrificio di Ymir. Eppure, se ci pensiamo bene, ogni nuovo inizio, ogni cambiamento presuppone la "morte" di alcuni aspetti di noi stessi. Questo è particolarmente vero nel caso della mitologia nordica, dove ogni conquista viene ottenuta a caro prezzo: Odino ottiene la conoscenza solo dopo aver lasciato un occhio come pegno, mentre il pericoloso lupo Fenrir viene imprigionato solo dopo che il dio Tyr ci ha rimesso una mano (cfr. "Tyr - La guerra e la giustizia" in questo blog). 

 Insomma gli antichi norreni sembrano ricordarci che dobbiamo guadagnarci ogni cambiamento positivo che vogliamo apportare alla nostra vita; ma questo non ci deve spaventare, se quello che vogliamo ottenere vale ogni nostra goccia di sudore. Ricordiamoci che le gocce e addirittura le lacrime per gli uomini del Nord sono una manifestazione di fecondità e un simbolo di rigenerazione. Impariamo anche noi allora a considerare positivamente la fatica come qualcosa che ci permettere di compiere le nostre piccole imprese nel quotidiano. Perché se raggiungere un traguardo è bello, arrivarci dopo mille peripezie non ha prezzo.





Fonti:
- CHIESA ISNARDI, Gianna, I miti nordici, Longanesi, Milano, 2014, pp. 49-52;
- SNORRI STURLUSON, Edda (a cura di Giorgio Dolfini), Adelphi Edizione, Milano, 2014, pp. 52-59;
- SCARDIGLI, Piergiuseppe (a cura di), Il canzoniere eddico, Garzanti, Milano, 2017. pp. 5, 67.