lunedì 1 aprile 2013

Tyr - La guerra e la giustizia

 Lasciamo ora il paradiso selvaggio centroamericano dei Quiché e dirigiamoci ancora verso il Vecchio Continente. Niente foreste tropicali, niente pappagalli ara, né tiratori di cerbottane.
 Siamo al Nord, dove il clima è gelido e bisogna avere la scorza dura per affrontare tutte le difficoltà di queste terre. E sicuramente gli antichi popoli che abitavano quei territori erano stati forgiati da un clima rigido e inospitale.
 Esploriamo oggi la mitologia norrena, piena di battaglie, di guerre e di avvenimenti piuttosto lugubri. Del resto, il sole si faceva sentire meno qui, rispetto ad altre zone. 
 Voglio parlare di una divinità nordica, che non è tra le più conosciute ma che riveste una certa importanza: Tyr.    

Tyr


Etimologia

 La forma tedesca originaria recitava Tiuz e corrispondeva all'alto tedesco Ziu o Zio. Il nome con cui Tyr veniva identificato dalle popolazioni germaniche era Tīwaz, una delle tre maggiori divinità menzionate da Tacito. Tyr rappresentava una delle divinità più antiche e, grazie a studi etimologici approfonditi, possiamo ipotizzare che sia l'originario dio celeste indoeuropeo.
 Il nome Tyr significa proprio "dio" e  la profonda devozione che i popoli del Nord riservavano a questa divinità si può vedere ancora oggi, se consideriamo i giorni della settimana in lingua inglese. I Romani chiamavano il giorno dedicato a Tyr Martis dies, ovvero martedì, "giorno di Marte", l'equivalente romano del dio nordico. Per gli anglosassoni, il "giorno di Marte" diventava Tiwesdaez, che si trasformerà poi nell'attuale Tuesday, "martedì" in lingua inglese.  

Tyr, il giudice

 In origine, Tyr era forse la divinità più importante tra gli Asi (cfr. "Asi e Vani" in questo blog). La sua figura, infatti, richiamava il greco Zeus e il romano Giove, entrambe divinità uraniche, con i quali Tyr condivideva il possesso del tuono e della folgore.
 Ma il tratto distintivo di Tyr era quello di essere il protettore della guerra e della vittoria. Prima di ogni battaglia, i guerrieri, frementi per la tensione, rivolgevano a lui le loro preghiere e stringevano nervosamente le lance e le spade su cui era inciso il nome di Tyr. Ogni arma era dedicata a questo dio, richiamato dal potere magico delle rune, che imprimevano il suo nome e la sua forza nelle lame che in pochi istanti sarebbero divenute rosse di sangue. Per propiziarsi la vittoria, i guerrieri si chinavano sulle armi incise e pronunciavano tre volte il nome di Tyr, a cui stavano chiedendo protezione.

 Vi è una distinzione fondamentale da fare tra Tyr e quello che i Romani avevano individuato come suo corrispondente, Marte. Tyr, a differenza di quest'ultimo, non amava la guerra fine a se stessa. Non godeva, cioè, della violenza esasperata e del sangue versato, ma concepiva la guerra solo come il mezzo estremo per risolvere una contesa tra due parti in conflitto. Ecco perché Tyr era anche il dio del diritto, che spesso fungeva da giudice.   

 Ciò riflette una visione peculiare della guerra, diffusa tra le popolazioni nordiche: non solo un puro scontro, ma un modo di risolvere le controversie giudiziarie. 
 Una volta detto questo, è facile comprendere il motivo per cui gli scontri armati nel Nord Europa erano regolati da norme che per un certo verso vigevano anche nei tribunali. I contendenti sceglievano il luogo e la data della battaglia e, quando questa era terminata, si impegnavano solennemente a rispettarne il verdetto: chi ne usciva vincitore era dalla parte della ragione, mentre gli sconfitti, evidentemente, avevano torto. Questa era la giustizia del Nord.

 Questo tratto è presente anche nell'appellativo che i Romani diedero a questa divinità: Mars Thingus, il "Marte del Thing", dove il thing era una riunione in cui si tenevano accesi dibattiti riguardo a questioni giuridiche. In questa assemblea si brandivano delle lunghe lance, simboleggianti la volontà popolare, che in caso di assenso venivano alzate e abbassate nel caso contrario.
 Tuttavia spesso tali dispute raggiungevano un livello tale di asperità, che venivano trasferite dal thing al campo di battaglia. Aveva luogo così lo Schwertding, il "thing delle spade", dove Tyr scriveva la propria sentenza con il sangue degli sconfitti.  

Tyr il monco

 Per essere una divinità, bisogna dire che Tyr ha una caratteristica davvero inusuale: è privo della mano destra. Questa mutilazione è frutto di un sacrificio che Tyr fece per il bene degli Asi e che è raccontato in un mito che ha per protagonista il malvagio lupo Fenrir.

 All'alba dei tempi Loki, il dio ingannatore, generò con l'oscura gigantessa Angrbodha il lupo Fenrir, dotato di fauci micidiali. Una volta cresciuto, il lupo si aggirava per il regno di Asgard, terrorizzando gli abitanti. Solo Tyr si avvicinava a lui per dargli da mangiare. Si diffuse poi una terribile profezia, secondo la quale Fenrir avrebbe sbranato Odino e ucciso altre divinità durante il crepuscolo degli dèi.
 La situazione era terribile e gli dèi Asi si riunirono in un'assemblea per trovare una soluzione. Bisognava incatenare Fenrir e spedirlo il più lontano possibile da Asgard. Perciò, Odino in persona fece fabbricare una catena dalle maglie spesse e resistenti, chiamata Loedhingr.
 Ma non era facile incatenare Fenrir. Dunque, anziché usare la forza, che sarebbe risultata insufficiente contro Fenrir, gli dèi ricorsero all'astuzia. Gli Asi portarono la catena da Fenrir e lo sfidarono a una prova di forza. L'enorme lupo accettò e si fece legare. Gli dèi stavano quasi per esultare, quando Fenrir si liberò da Loedhingr solo con un piccolo strattone. 
 Dopo quell'episodio, il lupo riprese indisturbato a seminare il terrore ad Asgard. Fu una pesante sconfitta per gli dèi, ma gli Asi non si diedero per vinti e fecero forgiare una catena ancora più potente della prima, che chiamarono Dromi. Stavolta erano sicuri che nemmeno la forza brutale di Fenrir sarebbe stata sufficiente a spezzare una catena di tale fattura, che avrebbe finalmente inibito quell'orrenda bestia.  
 Così, gli Asi si recarono nuovamente dal lupo, riproponendogli la stessa sfida. Fenrir, che non era stupido, si accorse di quanto Dromi fosse pesante e titubò alla proposta degli Asi. Ma quando questi iniziarono a prendersi gioco di lui e della sua codardia, si convinse e indossò la grossa catena. Dromi era davvero pesante e resistente, e Fenrir ansimava nella sua prigione metallica. Gli dèi già festeggiavano per aver imprigionato la belva ma Fenrir, punto nell'orgoglio, chiamò a raccolta tutte le sue forze e provò ancora a liberarsi. La rabbia e la violenza del lupo furono talmente potenti da spezzare anche Dromi.
 Anche questa volta, gli dèi erano stati sconfitti. Nessuna catena poteva imprigionare Fenrir. Ma Odino aveva ancora un asso nella manica; se la forza non poteva sconfiggere Fenrir, la magia sarebbe stata la sua dannazione. Odino inviò un suo messo presso gli Elfi oscuri (i nani N.d.A.), che abitavano le viscere della terra, e fece creare Gleipnir, un laccio sottile e fragile, composto da sei elementi: il rumore del passo di un gatto, i peli della barba di una donna, le radici di una montagna, i tendini di un orso, il respiro di un pesce e lo sputo di un uccello. In questi elementi dimorava la magia che avrebbe stregato Fenrir.
 Ancora una volta, gli dèi si recarono da Fenrir per sfidarlo. Il lupo, però, che aveva ereditato la scaltrezza del padre Loki, quando vide il fragile laccio sospettò il tranello e ideò uno stratagemma per uscire da quella situazione. Egli avrebbe accettato la sfida solo se uno degli dèi avesse messo una mano tra le sue fauci mentre veniva legato.
 Era il colpo di grazia. Fenrir aveva capito che si trattava di una trappola e gli dèi erano disperati. Ma in quel momento, Tyr si fece avanti e con coraggio infilò la mano destra nelle fauci del lupo. Ora Fenrir non poteva più sottrarsi alla prova. Gli dèi legarono Fenrir e il laccio si strinse attorno al corpo della bestia. Fenrir si dimenava, ma non riusciva a liberarsi. Al colmo dell'ira, tranciò di netto la mano di Tyr che teneva tra le mascelle, senza che il dio emettesse alcun gemito.
 Tutti, a parte Tyr, urlarono di gioia nel vedere il nemico finelmente imprigionato. Fenrir venne legato a una roccia, la quale venne conficcata nelle viscere della terra grazie a un gigantesco martello. Come ultima punizione, gli Asi infilarono una spada nelle fauci di Fenrir. Costui, dimenandosi, emetteva in continuazione sangue e bava, che alimentavano il fiume sotterraneo Von.   
 Fenrir soffrirà fino a quando arriverà il giorno del crepuscolo degli dèi. Allora, lo spaventoso lupo riuscirà a leberarsi dai suoi sigilli e divorerà Odino nella battaglia finale. Quel giorno, anche Tyr cadrà per mezzo di Gamr, il cane custode degli inferi.

Tyr mette la sua mano nelle fauci di Fenrir


 Non conoscevo questa divinità prima di scrivere questo post, ma ho ammirato profondamente il suo coraggio. Sicuramente è una divinità della guerra molto particolare, perché incorpora anche la giustizia, che non sempre accompagna gli scontri bellici.
 Inoltre, lui per primo si sacrifica per il bene della comunità. A mio parere, è una figura da ammirare e a cui dobbiamo ispirarci in questi tempi dominati da lupi più pericolosi e subdoli di Fenrir.


Fonti:
- Mitologia e leggende nordiche, "Tyr, il signore delle battaglie";
- Wikipedia, voce "Týr";
- "Enciclopedia Italiana" Treccani, voce "Tyr"; 
- Enciclopedia Treccani, voce "Tyr".

4 commenti:

  1. Ciao Greta, finalmente sei tornata e che bel mito!!! Allora io amo moltissimo le mitologie nordiche, e questa vicenda non la conoscevo. Sicuramente un Dio molto più articolato e complesso rispetto a Marte. La guerra non fine a se stessa, ma come bilancia di giustizia. Certo, una giustizia sanguinosa, ma pur sempre valida. Ma quindi questa divinità non c'entra con Thor?
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    1. Mi sembra di aver intravisto che Thor sia un'evoluzione di questa divinità. Non a caso anche lui ha a che fare con tuoni e fulmini...ma non sono sicura. Prima o poi parlerò anche di Thor! Se il tempo mi assiste...sigh!
      Buona giornata!

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  2. Io ho letto che il giorno 8 settembre, i norreni festeggiavano la festa di Tyr, del dio della guerra e della giustizia secondo la loro religione, quello che per i romani era Marte e per i greci era Ares. Solo che non so come festeggiavano questa festa.

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  3. Ho sempre ammirato istintivamente i racconti dei popoli del nord. Ho saputo che la lingua celtica e' una lingua indoeuropea (sanskrit).Anche le persone nordiche hanno un atteggiamento che rispecchia i loro racconti,hanno una forza interiore,come dei guerrieri sia le donne che gli uomini.
    Credo che le guerre ci saranno sempre,servono per equilibrare qualcosa di ingiusto che e' stato fatto. Il dio Tyr lo trovo molto giusto e lo ammiro. Poi ogni giorno quante siamo in guerra con noi stessi,per trovare la via piu' giusta?Bel racconto.Grazie.

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